Terapia polivagale

Gli strumenti operativi messi a punto a partire dalla Teoria Polivagale di Porges offrono delle strategie molto concrete per intervenire su un corollario di sintomi fisici e emotivi, spesso profondamente limitanti.

Il sistema nervoso autonomo secondo la Teoria Polivagale

La Teoria Polivagale ridisegna la mappa del Sistema Nervoso Autonomo, superando la sua tradizionale divisione in Sistema Simpatico e Parasimpatico e proponendo una nuova articolazione in:

  • Sistema ventro-vagale
  • Sistema simpatico
  • Sistema dorso-vagale

Attraverso questi tre percorsi il nostro Sistema Nervoso Autonomo reagisce al servizio della sopravvivenza. In che modo? Senza che noi ce ne rendiamo conto, quest’ultimo svolge un’azione costante di monitoraggio del nostro ambiente interno, esterno e delle persone che ci circondano in cerca di indizi o segnali di sicurezza o pericolo. Questo processo è definito neurocezione.

Possiamo pensare alla neurocezione come a delle grandi antenne situate al di sopra della nostra testa continuamente al lavoro nella individuazione di un eventuale rischio. In base agli input rilevati dalla neurocezione, il Sistema Nervoso Autonomo agisce come un vero e proprio guardiano e – con la missione di tutelare innanzitutto il nostro benessere – esibisce l’attivazione del ramo autonomico più idoneo a proteggerci in quel determinato frangente.

L’accensione di un ramo o l’altro del nostro sistema nervoso autonomo corrisponde a delle precise risposte corporee, risposte che hanno il potere di determinare il modo in cui ci sentiamo e addirittura in cui pensiamo. Alle radici del nostro benessere o malessere c’è, dunque, la nostra biologia. Ma vediamo ora i vari sistemi autonomici uno ad uno, la loro funzione e il corollario di sensazioni che li accompagnano.

Il sistema dorso-vagale

La sezione dorso-vagale è la più antica. Risale a circa 500 milioni di anni fa ed è comune a tutti i vertebrati. Utilizza l’immobilizzazione come risposta di difesa estrema, l’ultimo baluardo di fronte a stimoli percepiti come fortemente minacciosi per la propria incolumità. Quando si attiva lo stato autonomico dorso-vagale gli individui tendono a sentirsi intorpiditi, congelati, prosciugati, assenti, collassati, dissociati, spaventati a morte (freeze). 

Il sistema simpatico

Segue il sistema simpatico, che risale a circa 400 milioni di anni fa. La sua nascita ci mette nella condizione di reagire di fronte a un eventuale pericolo attraverso la mobilizzazione, con risposte di avvicinamento/attacco o allontanamento/fuga (fight or flight). In questo stato le persone si percepiscono agitate, apprensive, ansiose, preoccupate. La dimensione della socialità e della relazione è inaccessibile. 

Il sistema ventro-vagale

Il sistema ventro-vagale compare per ultimo, circa 200 milioni di anni fa. È presente nei mammiferi ma non nei rettili e media risposte di connessione e impegno sociale. La sua attivazione rende possibile la relazione, l’intimità e il gioco da una base autonomica di fiducia e sicurezza.

La gerarchia autonomica: su e giù per la scala

L’attivazione di questi stati segue una specifica sequenza, è governata, cioè, da una precisa organizzazione gerarchica. Dallo stato ventro-vagale la rilevazione soggettiva di un pericolo ci fa spostare verso la mobilitazione simpatica. Da qui, quando il pericolo permane o noi non ci sentiamo in grado di fronteggiarlo, ci muoviamo verso lo spegnimento/collasso dorso-vagale. Va precisato che il percorso inverso segue necessariamente la stessa traiettoria: dall’immobilizzazione dorso-vagale possiamo, infatti, ritornare alla connessione ventro-vagale soltanto passando attraverso la mobilizzazione simpatica.

L’organizzazione gerarchica del nostro universo autonomico può essere rappresentata graficamente attraverso l’immagine di una scala. Sui gradini più in alto si situa il ventro-vagale, al centro il sistema simpatico, e in basso il dorso-vagale. Va precisato che tra uno stato e l’altro vi sono una serie di stati intermedi, con le loro varie sfumature. Nel corso della nostra giornata migriamo dall’attivazione di un sistema all’altro, il più delle volte, fortunatamente, senza dimorare a lungo nelle estremità angoscianti della mobilitazione simpatica o dello spegnimento dorso-vagale.

L’approccio al trattamento è di tipo multimodale. Consegue da qui l’utilizzo di una serie di strumenti diversi, tutti con un medesimo denominatore: aiutare le persone a sintonizzarsi sugli indizi di sicurezza – i tanti glimmer che sempre e comunque illuminano le nostre giornate –, focalizzarsi sulle loro risorse di regolazione e riportarsi ogni volta che sia possibile a risalire la scala autonomica. L’obiettivo è permettere loro di ri-scoprire l’esperienza di sicurezza e connessione ventro-vagale e dimorare nella sua calda energia il più spesso e il più a lungo possibile. Guardiamo, ora, più da vicino i vari strumenti operativi.

Strumenti cognitivi: le mappe

Le mappe sono strumenti semplici e di facile utilizzo per aiutare le persone a comprendere il funzionamento del sistema nervoso, tracciare i loro stati attivazione autonomica nel corso della giornata e individuare i fattori di innesco alla base dell’accensione dei vari rami del SNA.

Questo processo di conoscenza aiuta a familiarizzare con il proprio funzionamento soggettivo e a stemperare il giudizio nei confronti dei propri stati autonomici, spesso vissuti con sentimenti di colpa o vergogna. Ci si rende pian piano conto che gli sgradevoli sintomi che si percepiscono qui e ora sono, di fatto, la conseguenza di quanto sperimentato lì e allora, al momento del trauma, quando la nostra fisiologia stava solo cercando di difenderci. Si pongono così le basi per costruire una relazione diversa, più compassionevole con il proprio SNA, piuttosto che esserne soverchiati.

Immersioni guidate in mindfulness

Hanno l’obiettivo di aiutare i pazienti a riconoscere dettagliatamente i propri stati autonomi percependoli dall’interno e a riportarsi continuamente, attraverso l’osservazione del respiro, in una condizione di regolazione.

Tecniche corporee basate sul respiro, il suono e il movimento

Si tratta di una serie di esercizi pratici estrapolati non soltanto dalle tecniche bottom-up tipiche del lavoro con il trauma, ma anche dal mondo dello yoga e delle pratiche meditative, della vocalità e della musica. Sono azioni semplici, possibili, riproponibili dai pazienti praticamente ovunque per tonificare il proprio nervo vago e ampliare la propria finestra di tolleranza. Insegnano a istituire un dialogo con il sistema nervoso e a modulare i propri stati di attivazione. L’obiettivo è quello di aiutare le persone a sviluppare la capacità di cavalcare le onde di emozioni e sensazioni intense confidando nel fatto che le esperienze temporanee di contrazione possono naturalmente evolvere in sollievo, gratitudine e, addirittura, gioia.